vendredi

Fando & Lis de Fernando Arrabal. Madrid. Culebras







Director: Quique Culebras
Intérpretes:




Jorge-Yaman Serrano,




Laura Barba,




Carmen Flores,




Pau de Nut,




Juan Molano




Autor: Fernando Arrabal




MADRID Teatro "Bellas Artes"








a partir del 11 de mayo de 2011.









FANDO Y LIS





















Fando y Lis viajan a Tar. Fando lleva a Lis paralítica. En el carrito, mal atadas, todas sus cosas: un tambor, mantas, trastos inútiles... No están perdidos. Están agotados.


"....el nuevo "Romeo y Julieta", la historia de amor màs significativa y reveladora de nuestro tiempo...": Clives Barnes -The New York Times-.

jeudi

...Arrabal... Francesco Forlani... Patafisica...




Nazione Indiana
abbonati a Murene!



Ubu-Reportage per un secolo di Patafisica



Per la rivista diretta da Riccardo De Gennaro ho chiesto al mio maestro Fernando Arrabal di scriverci una nota su questi cento anni di patafisica visti da dentro (fuori, sopra e sotto). La traduzione è mia e il fotodossier a cura di Mauro Guglielminotti. Abbonatevi a Reportage, vale! effeffe [Francesco Forlani]

Portrait di Mauro Guglielminotti Hommagedi






Fernando Arrabal






traduzione di Francesco Forlani






numero 6, aprile-giugno 2011



Del College Pataphysique temo mi sia ignoto l’essenziale. Come di quasi tutto. Oppure, di non poter dire altro se non quello che ho sentito dire o letto.Credo sia ‘Il’ centro delle ricerche sapienti. (Una vera manna per me!). Ma soprattutto inutili. (Meglio ancora!). Ovvero, miste a confusione. Un panico dovrebbe sentirsi tanto a proprio agio quanto un surrealista in forte imbarazzo. Il College, naturalmente, non ha mai praticato dei veti, proibizioni o espulsioni. Ovviamente, visto che offre soltanto delle soluzioni immaginarie. Si possono quindi studiare soltanto le leggi che governano le eccezioni. “Les très riches heures du C ’P” (Fayard, 2000) del Serenissimo pennifero Thieri Foulc mi farà da guida.
Mi sembra esemplare il fatto che Foulc possa essere “il serenissimo”, come la più alta autorità veneziana e al tempo stesso, “pennifero”. Inoltre, egli porta il titolo di “Rappresentante ipostatico di Sua Magnificenza”. Poiché la sua rappresentazione ipostatica (elevata al rango dello Spirito Santo), è associata a quella del coccodrillo. D’altra parte io sono, senza alcun merito, TS. Satrapo trascendente. Trascendente? Cosa c’è di meglio? E satrapo, il che equivale a tiranno? Ad ogni modo una sorta di sbirro dell’imperatore persiano. Il cielo e la merda. Titolo che avevo già dato a due dei miei spettacoli.Credo che il C ‘P de Paris sia organo centrale e marginale. (Ma forse rischio di commettere uno sbaglio grossolano). Federatore e anarchico? Il Collegio dispone, con mia somma gioia, di 116 Commissioni, Sottocommissioni e Intercommissioni. Gli Istituti si moltiplicano dappertutto nel mondo. Consolidano il loro lavoro Australe. Il Corpo dei Provveditori del C ‘P si rallegra dell’esistenza di centinaia di Istituti nell’universo. E della costante creazione di nuovi. Sembra che il Collegio stia preparando un numero della sua rivista “Viridis Candela/Il corrispondente” interamente dedicato ai lavori di questi Istituti internazionali della scienza. Ognuno di essi sarà presente. Con i lavori e i progetti più trascendentalmente titanici. “Parigi” si è impegnata a tradurre perfino dal Volapük tutte queste presentazioni, si dice.Purtroppo, il Collegio è difficilmente osservabile dall’esterno. Se non attraverso il periscopio della sua rivista interna. Penso che l’universo esista solo come aggiunta di elementi singolari. In questo contesto, noi altri, satrapi trascendenti, non esercitiamo per statuto alcuna funzione. Che norme edificanti! E non giochiamo alcun ruolo, né positivo, né negativo. In più non siamo soggetti a regole. Noi agiamo patafisicamente grazie alla nostra semplice presenza. Vedi in nostra assenza. “Come catalizzatori di catarsi”. Sia fatta la volontà di Pan!Ho notato che il Corpo dei Satrapi si avvale in maggioranza di amanti degli scacchi. Quasi tutti lo sono o lo furono: Marcel Duchamp, Max Ernst, Boris Vian, Jacques Prévert, Raymond Queneau, Henri Jeanson, Topor, Michel Leiris, René Clair, Jean Dubuffet, Man Ray, Enrico Baj, Eugene Ionesco, Barry Flanagan, Umberto Eco e Jean Baudrillard. Eppure penso che non siano stati cooptati per questo motivo. Il che aggiunge un’altra rara eccezione. Li si è eletti pensando così di accogliere soltanto dei creatori tra “i più originali e sediziosi dei tempi moderni”, per usare l’espressione di Jean-Louis Bory?Per una qualche splendida ragione, ovvero accecante, in Patafisica tutto possiede tanto senso quanto le sue possibili letture, e quindi i lettori. Il che permette a Thieri Foulc di riconoscere un’altra particolarità:– Il Collegio sorvola su quanto degli spiriti meno liberi considererebbero come un pesante handicap: il premio Nobel che pesa sullo stimato Dario Fo.Costui fu infatti accompagnato nella sua ascesa trascendentale (o discesa satrapica) da Jean Baudrillard e Umberto Eco. La cerimonia si è svolta a casa mia. Il Collegio aveva per l’occasione cambiato la disposizione del mio appartamento. Il 20 aprile 2001. Che fortuna per me! Si sono comportati con una modestia trascendente. Ad un’attrice molto giovane il satrapo trascendente & Premio Nobel si è presentato così:– Sono Dario Fo, attore.Ho tentato di decifrare per l’intera serata il quadro realista che, di fatto, mi aveva appena regalato: tre coppie nude in piedi, nell’atto di: Copulare? Pregare? Ballare? Topor è stato cooptato, quel giorno, a titolo postumo. Pochi giorni dopo, il suo quadro “Crocefissione di Braccio di Ferro” (che avevo prestato per una mostra a Chartres) è stato trafitto dal pugnale di un fanatico.Mi sembra che ci siano seguaci che la Patafisica ignora in quanto tali. Parallelamente, altri che la Patafisica non riconosce come tali? Heidegger? Gilles Deleuze? Quest’ultimo ha dichiarato che “questa scienza è l’avanzata delle scuole filosofiche non dogmatiche di oggi”.Non credo che la ‘P non abbia senso. O che sia ermetica. Noi stessi, la quasi dozzina di satrapi ancora in vita, ne diamo uno alle nostre opere. Oppure facciamo in modo che ne acquisiscano uno. Preferibilmente confuso come l’esistenza. Per fare quel che il Dottor Irénée-Louis Sandomir indica come il “buon rimbalzo”.La Patafisica io l’accolgo come un eterno presente. Come un dono perpetuo. Come il pane (e il circo) quotidiano. Pecco forse di ottimismo. È forse irremovibile nel cambiamento senza fine? Poco prima di morire il satrapo trascendente Ionesco ha riconosciuto:– Sono ricoperto di premi e onorificenze; dall’Accademia di Francia a quella di Boston. Ma il titolo che conta di più per me è quello di Satrapo: il College sovrasta tutte le accademie, presenti, passate o future.Un patafisico sarebbe allora qualcuno che non si ignori rispetto a coloro che si ignorano?







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Pique-nique en campagne d'Arrabal, Norvége



PIQUE NIQUE EN CAMPAGNE



de Fernando ARRABAL -






Norvège



SACD Agence NORDISKA.




Théâtre: CBM Friteater
Traducteur: Pål Løkkeberg
Metteur en scène: Linn Waage
Théâtre Magnor Glassverk



juillet à septembre 2011

"REGRESSION" Film de Joan Francesc Charansonnet interpretación pànica del actor patafisico F. Arrabal
































TRAILER OFICIAL de "REGRESSION"
Film de Joan Francesc Charansonnet








Actor patafisisco & intérprete pànico: Fernando Arrabal en persona.








TRAILER OFICIAL en youtube.








http://www.youtube.com/watch?v=lwmhBY_pOck (TRAILER OFICIAL)








http://www.youtube.com/watch?v=1cO8jWcyc_U (MENSAJE del CANCILLER)








... "otro momento asombroso de Arrabal en la TVE"... Usun Yoon ... Wiyoming... .

















































...la "entrevista màs surrealista entre Usun Yoon y Fernando Arrabal"...
27 vidéos







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...no hay descripción posible para este video, hay que verlo!!...







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...Fernando Arrabal es un genio, un Dios entre mortales. Con todas las consecuencias: Incomprendido, excéntrico. ¡Grande Arrabal!














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...estos vidéos circulan por internet. Gaudeamus igitur! ...
http://www.youtube.com/watch?v=m7ptr4q38Mw














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Si las entrevistas de Usun ya son surrealistas per se, imaginaros con Fernando Arrabal. No se puede calificar, así que miradla.
Publicado por ScottHall Si las entrevistas de Usun ya son surrealistas per se, imaginaros con Fernando Arrabal. No se puede calificar, así que miradla.
Publicado por ScottHall GENTE ZAFRA

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....acabo de pasar un rato estupendo y de reírme yo solo a mandíbula batiente mirando el ordenaodr mientras veía su entrevista con Usun Yoon. Como dice su jefe, encontró la horma de su zapato. Ella siempre trata de descolocar y marear a los entrevistados y en este caso la que se vio descolocada fue ella. Sé que le da rubor verse, pero es algo fantástico, la entrevista está diseccionada y con los comentarios de ella y su jefe intercalados...

http://www.youtube.com/watch?v=m7ptr4q38Mw




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Ferran Monegal : Extravagancia colosal
... Wyoming y Usun Yoon ...Otro momento disfrutable de esa pandilla de gamberros ocurrió cuando mandaron a Usun a entrevistar a Fernando Arrabal. Fue un encuentro de una extravagancia colosal. Si ya de por sí Fernando Arrabal es una criatura dislocada y surrealista, ponerle al lado a la china de Utrera -que es surcoreana, pero así la llaman en El intermedio- fue la sublimación de la pataphysique, o sea, que si Alfred Jarry estuviera todavía entre nosotros habría apoyado decididamente la escena. Le decía Arrabal, sorprendido: «Está usted un poco loca. Está usted transtornada. Esto que le han mandado hacer es un crimen. No se lo merece. Muérdale las nalgas a su jefe, ese indio, ¿como dijo que se llama? ¿Wyoming? ¡Pues muerda al indio, hágale sangre!». Y acabó Arrabal abrazado tiernamente a ella, mientras la despedía diciendo: «Señorita, que duerma usted bien». ¡Ah! Desde los tiempos de Tonino, en aquel sensacional Caiga quien caiga de 1996, no habia visto yo una escena televisiva de un absurdo tan intenso. Dándole a la palabra absurdo, naturalmente, la dimensión que le daban Ionesco y Genet.









...etc

mardi

Portugal homenageia Fernando ARRABAL. Figueira da Foz


















Figueir da Foz homenageia Arrabal


O Centro de Artes e Espectáculos da Figueira da Foz preparou um programa de eventos, dedicados a Fernando Arrabal. Nascido em 1932 em Espanha, notabilizou-se como dramaturgo, guionista, cineasta, escritor e poeta. Vive em França desde meados da década de 50.

Publicou mais de cem peças, catorze novelas, várias centenas de livros de poesia e sete longas-metragens. Fundou em 1963 o Grupo Pãnico (do deus Pã) e com André Breton esteve no movimento surrealista. TRASCENDENTE SATRAPA DEL COLEGIO DE PATAFISICA

Provocador, artista intimorato, Arrabal é considerado mundialmente como um dos mais notáveis e prolíficos criadores do século XX. A sua obra tem sido admirada por várias gerações e em muitos países como uma interrogação profunda à condição humana.

PROGRAMA:

Dia 23 de Abril
17h00 – Inauguração de uma exposição alusiva à obra do artista na Sala Afonso Cruz do CAE. Patente até dia 1 de Maio.18h00 – Palestra sobre a obra de Fernando Arrabal por Juan Carlos Valera e Miguel de Carvalho seguido de debate com o artista no CAE.

Dia 24 de Abril
21h30 – Sessão de poesia e teatro com textos de Fernando Arrabal no CAE. Coordenação: Deolindo Pessoa; Actores do CITEC e da BONIFRATES: Paula Pena, Paula Santos, Joana Macias, Carlos Cunha, Cândida Ferreira, Francisco Paz.

Dia 25 de Abril
17h30 – Peça de Teatro “A Coisa”, pela Companhia Mãos no Bolso Alheio, no Auditório Municipal da Figueira da Foz21h30 – Exibição do filme “Viva la Muerte”, com debate na presença do realizador no CAE.





Etc..






Ao longo da semana vai ser exibida filmografia do artista.






Fernando Arrabal, o autor espanhol vivo mais encenado a nível mundial.
“Fernando Arrabal é um ícone da cultura do século XX, como poeta, dramaturgo e cineasta, mas sobretudo como ‘performer’. É um provocador nato”, disse à agência Lusa o vereador com o pelouro da Cultura, António Tavares.
Considerou que, aos 78 anos, o fundador do Teatro Pânico – movimento ... mistura de cruel e absurdo, que foi buscar o nome a Pã, o deus da mitologia grega que vagueava pelas florestas a tocar flauta e provocava terrores aos caminhantes noturnos – “é senhor de uma mensagem perfeitamente atual”.
“Mais do que nunca, no mundo de hoje, a forma de ele se afirmar faz todo o sentido. Pode ser que a loucura de artistas como Fernando Arrabal traga novos caminhos à cultura europeia ou que ilumine caminhos marginais porque os oficiais andam um bocado entupidos”, frisou o autarca.
Nascido em agosto de 1932, Fernando Arrabal comemora 80 anos em 2012 mas a autarquia da Figueira da Foz entendeu realizar este ano a homenagem ao artista espanhol, antecipando “as imensas solicitações que vai ter” no 80.º aniversário “e que poderiam inviabilizar a sua vinda”, explicou António Tavares.
O autor espanhol, que aprendeu a ler e escrever em Ciudad Rodrigo (Salamanca), cidade geminada com a Figueira da Foz, venceu, aos 10 anos de idade um prémio nacional para sobredotados e publicou, ao longo da sua carreira artística, cerca de 700 livros de poesia, mais de cem peças teatrais e realizou sete longas metragens.

...la Bourse... miracle...temple... F.Arrabal...















...autre arrabalesque : "La Bourse est un temple qui célébre le miracle de faire de l'argent, de l'argent; et des démunis, plus de démunis." [Fernando Arrabal, 1998]

...otro arrabalesco: "La Bolsa es un templo que celebra el milagro de hacer del dinero, dinero; y de indigentes, màs indigentes" [F.A: 1998]










***






Juanjo Gabiña (pcc: Jordi Soler):












La necesidad de clausurar las bolsas de valores para salvar la economía real
"...hace poco más de un año, los diferentes gobiernos de los países desarrollados decidieron socorrer a los bancos que se encontraban técnicamente quebrados por culpa de su propia y ciega avaricia. Los excesos de apalancamiento y de especulación les habían puesto al borde de la quiebra. Sin embargo, impunemente y sin justificación alguna, los diferentes gobiernos optaron por rescatarlos gratuitamente y a costa del dinero del contribuyente.
La Organización para la Cooperación y el Desarrollo Económico, OCDE, estima que se movilizaron 8,5 billones de euros para el rescate de los bancos. ¡Esta suma es impresionante y equivale a 1.250 euros por cada persona que habitamos este planeta! Además, lo prestado es un dinero que nunca se nos devolverá por culpa de una política que funciona, desde hace tiempo y en nombre de la democracia, al servicio de las clases dominantes oligárquicas de cada país.
Por otra parte, las finanzas no son meramente un asunto de los banqueros. Son también un gran negocio para los accionistas que, con la complicidad de los gobiernos, se han instalado en el gran casino en que se ha convertido la bolsa para especular y sacar provecho de ello. Lo malo que tiene este negocio bursátil es que, en el tingladillo que se han montado unos cuantos ludópatas avariciosos que lo controlan, sólo ganan los especuladores de los bancos ya que cuando ellos pierden hay que ayudarles con dinero público y cuando ganan, dicen adiós muy buenas y se quedan con todas las ganancias.
Por ello, si no queremos seguir siendo los tontos del bote por más tiempo, ni deseamos que se dilapide nuestro futuro, hemos de prohibir la bolsa de valores cuanto antes. Si se eliminara las bolsas financieras ganaríamos todos los ciudadanos que no somos avaros y somos mayoría y, además, nos sería de una ayuda enorme para poder salir de esta crisis menos golpeados, cuando no quebrados.
Las bolsas ya no aportan liquidez al mercado tal como algunos cínicos o algunos ingenuos defienden. En realidad, las bolsas sustraen dinero a la economía real, en especial, el de muchas y muchas empresas que juegan en la bolsa para mejorar la cotización de las acciones de sus propias empresas.
Es decir, las empresas se ven obligadas a recomprar sus propias acciones para aumentar las ganancias por acción. Todo sea para mejorar el valor para el accionista aunque para ello haya que dejar también de invertir en proyectos de futuro. Así pues, hoy en día, no es la bolsa la que financia a las empresas sino todo lo contrario. Son las empresas las que financian la bolsa.
La bolsa como institución financiera ha dejado de ser una herramienta útil y se ha convertido en una institución al servicio de la especulación y enemiga frontal de la economía real. La bolsa de valores funciona exactamente como lo hace un casino y tras el paraguas de los inoperantes mecanismos de control se sitúan sus verdaderos amos cuyo único fin es el lucro.
Por ello, no es exagerado afirmar que, actualmente, si desapareciera la bolsa no pasaría nada. Ocurriría más bien lo contrario ya que la economía experimentaría un gran alivio de cargas.
Hemos de tener en cuenta que las operaciones de recompra de acciones por parte de las empresas han conocido un notable crecimiento en la cuota que representan en la economía, pasando de ser el 3,2% del PIB de 1982 al 8,7% del PIB de 2007.
Todo esa billonaria cantidad de dinero de la economía real que se nos escapa hacia la economía especulativa es una grave pérdida para la financiación de las inversiones de futuro que tanto necesitamos para salir cuanto antes de la crisis actual.
Además, el cierre de las bolsas debería hacerse cuanto antes, ya que el cáncer usurero de la bolsa ha llegado hasta las empresas y ha contaminado a muchas de ellas. Los accionistas de las empresas ya no invierten en desarrollar proyectos de sus empresas sino en especular en bolsa.
Clausurar las bolsas no sólo tendría la virtud de deshacernos de un quiste maligno sino que nos permitiría recuperar principios y valores que ya hemos perdido y que son esenciales para garantizar el progreso de la humanidad. Entre ellos que el dinero es fruto del trabajo y no de un golpe de fortuna que se obtiene jugando en la bolsa o en el casino.
De este modo, con el cierre de las bolsas, la inversión volverá a dirigirse hacia la economía real. El trabajo bien hecho y el esfuerzo son valores que empezarían a premiarse. De igual modo, la distribución de la riqueza sería más justa y equitativa, al valorizarse de nuevo el factor trabajo, y el mundo, en su conjunto, podría progresar de manera natural hacia una economía sostenible porque se lo exigiría el propio agotamiento del modelo socioeconómico actual..."

lundi

Fernando Arrabal... "El jardín de las delicias"...la 2 de TVE...




Teatro y artes escénicas: Obras Las mejores obras de teatro en madrid 2011 son las protagonistas del programa de teatro y artes escénicas de la 2 de TVE,


'Mi reino por un caballo' muestra esta semana en La 2 de TVE


Una entrevista con Fernando Arrabal,

con imágenes y comentarios

del estreno de so obra 'El jardín de las delicias'.


'Mi reino por un caballo' ofrece la entrevista que hizo el programa a Fernando Arrabal con imágenes y comentarios del estreno de su obra 'El jardín de las delicias', que ha tenido lugar en la sala Cuarta Pared de Madrid. Dirigido por Rosario Ruiz Rodgers, se trata de un texto hasta ahora no representado en Espana y que está enmarcado dentro del movimiento 'Pánico' que Arrabal originó junto a Jodorowsky y Topor.

El programa además estrena nueva etapa, a partir de ahora, todos los sumarios serán en verso: “En homenaje a la clásica escena, Pondremos varios versos en cadena”.

Una vez termine, el programa estará disponible en www.rtve.es

Arrabal... cómic... Galicia... Jaime Asensi ... 'Pic-nic'...


'Efe' Arrabal hecho cómic desde Galicia

e-mails de ida y vuelta, de París a Santiago, han permitido que el santiagués Jaime Asensi traslade a viñetas 'Pic-nic', relato bélico del famoso dramaturgo

XABIER SANMARTÍN C.

El universo de Fernando Arrabal, escritor y dramaturgo de 79 años tan premiado como polémico y lenguaraz, ya pisa la tierra del noveno arte. "De Arrabal siempre me atrajo tanto su obra como su manera de ver la vida. Es de los autores más grandes e imaginativos que existen. Me fascina su opción vital totalmente libre de ataduras". Lo dice, entusiasta, el ilustrador compostelano Jaime Asensi. Él firma los dibujos que trasladan el paisaje bélico de Pic-nic al ramaje del cómic.

El proyecto se ha hilado a lo largo de dos años de comunicación con e-mails de ida y vuelta, diálogo cojitranco repleto de humor que aparece resumido en un anexo de este proyecto a cuatro manos que ahora publica Libros del Innombrable. El catálogo de esta editorial aragonesa igual aloja una carpeta de tributo a Eduardo Chamorro que un poemario sobre la cantante indie Bjork, todo un sinónimo de valentía. Como otros de sus lanzamientos, Pic-nic solo está disponible a través de la web...


www.librosdelinnombrable.com, al precio de 12 euros.

"El contacto con esa editorial es consecuencia de una serie de acontecimientos curiosos. Traduje al gallego un poema de Arrabal en homenaje a Milan Kundera para un libro de esta editorial; después entré en relación con ellos, en concreto con Raúl Herrero, y les pareció interesante publicar el cómic. Mientras tanto también hice ilustraciones para un libro de su mujer Luce Moreau Arrabal, Monadas...",.

"Con Arrabal como referente para mi ya fue suficiente y aunque es cierto que el humor de Berlanga y Gila iban en esa misma línea... Arrabal escribió esta obra hacia el año 1947". Puede que la idea este alocado relato donde un soldado novato recibe en plena trinchera la visita de unos padres que se llevan hasta un gramófono para bailar, guarde relación con aquella madre que le obligó a iniciar el curso preparatorio para su ingreso en la Academia General Militar, aulas de donde Arrabal huyó para luego desembocar en la Escuela de Industria y el Comercio. De lo que se deduce que aquel libre pensador adolescente ya afilaba los dardos de sátira que luego le darían fama.

Pese a mantener contacto desde el año 2009, Asensi y Arrabal tienen un encuentro pendiente.

"De momento nunca nos hemos llegado a ver en persona. Hablamos alguna vez por teléfono, y el resto se ha ido haciendo por e-mail. Pero espero que consigamos vernos en persona algún día..." Respecto a la portada, una de las decisiones que debate suele generar a la hora de ponerle rostro a un libro, y mucho más si se trata de un cómic, Arrabal allanó el camino del dibujante compostelano. "La verdad es que yo pensaba enviarle varias portadas, pero esa primera opción nos gustó a los dos y así quedó la cosa". Asensi ya ha estado implicado en otra original traslación de una obra literaria al mapa de rectas, curvas y bocadillos con motivo de un álbum con guión de César Lombera basado en Fragmentos de Apocalipsis, libro de Gonzalo Torrente Ballester, cuya versión gráfica está editada por la fundación que lleva su nombre y por el Consorcio de Santiago.

www librosdelinombrable.com

vendredi

JUAN ANTONIO VIZCAINO...F.ARRABAL...Faba... blog fronterad.es...



¿Por qué odio y por qué amo a Fernando Arrabal?

Juan Antonio Vizcaíno - 15-04-2011

1. Tomando el té con Ofelia Empiezo a odiar a Arrabal, como a un padre que no te quiere tanto como necesitas. Lise, por el contrario es la madre tierna y tierra, la mujer encantada de compartir horas conmigo en divanes a la sombra de las galas. A Fando no le gusta vernos juntos en las fotografías, ni en los veladores, mientras conversamos. Porque a pesar de ser el esposo, es el más listo de todos nosotros, y se da cuenta el primero, y se pone furioso de celos, como un Zeus demoníaco y cornudo, mosqueado de que sus protuberancias no sean del todo propias, sino resultado de mi relación con su Dulcinea.

En las largas horas que paso acompañando y disfrutando con Lise, en los sofás, y en las mesitas de los cafés (mientras Fando alardea y juega con los periodistas, seduciéndolos, o fustigándolos, nunca aburriéndolos), Lise y yo mantenemos largas y puras conversaciones sobre literatura, historia, política, costumbres, recuerdos propios, sueños recientes… En el último, Lise llamaba muerte a una lechuza, y yo le contaba que había abrazado a una tía mía, muerta hace años, que se me aparecía en sueños como nunca lo había hecho en vida. Dos seres acorralados que se aprietan el uno al otro -por calor y cariño- para consolarse ante el último trance de la vida.


Hubo un tiempo en que yo sentía que pasando la tarde con Lise disfrutaba del mismo privilegio que si tomara el té con Ofelia, Medea, o Yerma. ¡Quiá! Ella misma me convenció que la Lis de Arrabal no era ella, sino sólo la parte femenina de Fando. Siempre Fando, sólo Fando. Él es una víctima de sus obligaciones literarias: entregar toda la vida al genio que alberga. Es una esclavitud, una condena propia de héroe clásico.


¿Quién conoce mejor la mente y la personalidad voraz de Arrabal que esta mujer que lleva a su lado más de 50 años? Lise ha sido el padre de Fando, y lo sigue siendo: la cordura, la razón, la sabiduría, la medida del bien y del mal, la responsabilidad, la buena estirpe burguesa francesa, la estabilidad, el pater familias del hogar… Arrabal ha sido el esposo, el hijo, el genio, el amante, la niña mimada de Lise, a la que le ha permitido ser y crecer como una madre protectora.


La sabiduría de Lise es paradójica y proverbial. Su extrema grandeza la resuelve en su militante humildad. Es justo el arquetipo contrario al de la esposa del hombre público. En cualquier salón donde se le rinda tributo honorífico a su ilustre esposo, Lise se mueve con un aire de “pasaba por aquí”, escurriéndose por las esquinas menos visibles del local.


Adoro a Lise, combato afectivamente con Arrabal, entregándole la mejor cosecha de heces de mis palabras, porque a los dos nos gusta gritar: ¡Viva la mierda!, y salpicarnos con ella el alma.


2. De las bondades del nevar y cantar En realidad, lo nuestro nació en la ciudad encantada de Cuenca. Sucedió mientras Fando se había colocado bajo uno de los primeros tondos del fantástico paraje, bajo aquellos champiñones de piedra caliza que parecían evocar el hongo nuclear sobre la diminuta y gesticulante figura de Arrabal. Se estaba filmando una escena de su nueva película, Yo, que andaba fraguando por aquellas fechas de 2004. No podía existir un título más adecuado para una figura tan napoleónica, caligulesca, daliniana y, sin duda, arrabalesca. Yo, con o de gozo y o de culo, “el gran agujero negro de la divinidad que habita en el ser humano”, en palabras del maestro.


Mientras tanto, Lise y un servidor nos habíamos quedado rezagados en algún recodo del camino, manteniéndonos en un discreto segundo plano. Ella comenzó a preguntarme por mi reciente infarto, noticia que la había dejado muy preocupada, y tirando del hilo de lana de la memoria del mal nos situamos en un plano de dolor compartido, de terrores primarios, de pánicos a la oscuridad, de presentimientos físicos de la muerte... y justo entonces comenzó a nevar. Nevaba gris pardo sobre los campos oscuros de aquel decorado de piedra natural. No se trataba de una inclemencia climática, sino de una bendición celestial. Hay algo en el ser humano que le hace conmoverse ante el comienzo de la nevada, como si se observara a un fenómeno atmosférico niño. Despierta la nieve una ternura similar a la de contemplar o jugar con un cachorro.


El ojo, cerebro mirífico de Fando, comenzó a detectar que Arrabal se estaba convirtiendo en un personaje secundario de la escena que estaba sucediendo en aquel recodo del camino, entre su Dulcinea y su vasallo literario; y eso, él no lo podía tolerar. ¿Verse como Hamlet en Rosencrantz y Guildenstern han muerto, reducido a figurante, por las malas artes de Tom Stoppard? Con él, eso no iba a pasar. Su mente había sido tasada ya de niño como superdotada. Superarrabal gestó la idea en un microinstante para acabar con aquella situación irregular. Reclamó nuestra presencia bajo el tondo, para rodar la escena de Yo, a tres cuerpos arrabalianos en uno solo. “¿Qué hacemos?”, preguntó Lise, y Arrabal contestó: “Cantar. ¿Qué mejor que cantar?”, y ensalivando sus palabras como un tentador ofidio delicuescente propuso Amapola, que es una canción alegre y universal. Caía la nieve más fuerte en aquella mañana de mayo, cantando Amapola bajo los fantasmas de piedra de la serranía de Cuenca. Atrás quedó el dolor de la muerte e imperaba la música y la amistad gracias a la inspirada partitura de Arrabal.


Entré en la historia de la cinematografía artística por causa de los celos. Me sentí vinculado a Arrabal para siempre, por aquella canción cantada a tres voces bajo la nieve, frente al ojo grabador de una cámara de cine. Resistimos todas las estrofas que pudimos recordar y, a pesar de la insistencia de Fando, hubo que suspender la visita a las colosales piedras, porque para la cámara y el equipo no era buena la nieve, ni el frío, ni la humedad



¡Oh, arte de lo efímero!, ¡traviesos duendecillos que respiran por el aire del hogar, trastocándolo todo de sitio! Las latas de las cintas rodadas en Cuenca se perdieron y jamás se pudo acabar ni montar la película. ¿Qué oscura venganza de productores airados, escondía tal pérdida? El mundo del arte es canalla cuando se topa con la violencia mercantil de la tecnología. Estaba escrito que yo no apareciera en ninguna película de Arrabal, pero no importa, quizá por eso este recuerdo sin testimonio gráfico aún resulte primordial.


3. Fábula de la cárcel y los dos dramaturgos Tuvo que ser Lise quien me lo contara. Debía correr el verano de 2001 y nos encontrábamos en la Casa de las 7 chimeneas en Madrid; esto es, la sede del Ministerio de Cultura en la plaza del Rey. De muchos es conocido que el esquinazo que ocupa este edificio público fue Casa Encantada, Circo Price y Banco Urquijo en otros tiempos. En el ala más histórica del conjunto se celebraba la conferencia de prensa de presentación de la temporada del Centro Dramático Nacional (CDN) para la temporada siguiente. Historia de una escalera, de Antonio Buero Vallejo, se representaría en el María Guerrero; Carta de Amor, la nueva obra de Arrabal, vería la sombra en los sótanos con fantasma del viejo Hospital de San Carlos, actual Museo Nacional Reina Sofía. Toda la plana mayor del ejecutivo teatral se encontraba en aquella pequeña sala de piedra repleta de tapices, bargueños y periodistas. En la sala contigua nos refugiamos quienes no habíamos encontrado sitio en la primera. Sentado en un antiguo diván, decidí acompañar a Lise mientras Fando predicaba desde la alta mesa pública.

“Yo estoy contentísimo porque esta obra nueva mía se estrene en España en un lugar tan peculiar, y en unas condiciones tan privilegiadas. Pero con lo que más contento estoy es con que su protagonista sea María Jesús Valdés. Porque aunque ustedes, muchos de los presentes en esta sala, no la recuerden, la señorita Valdés era la actriz más bella del teatro español de aquella década. La de pajas que nos hacíamos todos los jóvenes que pululábamos por el teatro de entonces, con la Valdés, con lo buena que estaba”.

La veterana actriz (que había sido recuperada para la escena por el mismo Pérez de la Fuente, director en esas fechas del CDN, y futuro director de la anunciada obra arrabaliana) se sonrojó o mostró una sonrisa de circunstancias, ante la gañanesca resolución verbal de Fando. Mientras, muy cerca de nuestro diván, se escuchó la voz contrariada de la viuda de Buero, Victoria Fernández, también presente en el acto:

--- Ya está metiendo la pata el dichoso Arrabal.

Ni Lise ni Victoria, que yo supiera, se habían saludado previamente, y ni se miraron siquiera tras frase tan destemplada. Sólo sé, que a los pocos minutos, Lise comenzó a hablar: “No sé yo quién mete tanto la pata, y qué cosa tan grave ha dicho Fernando para que ella haga ese comentario. Si hablamos de meter la pata, podría acordarse de cómo la metió su esposo cuando encerraron a Fando en la cárcel de Alicante, por aquella dedicatoria pánica que estampó en un libro. Nosotros, que estábamos solos en aquella ciudad, en pleno franquismo, y que de pronto nos vimos metidos en aquel lío tan horrible, no sabíamos qué hacer. Lo único que se me ocurrió fue llamar a Madrid a Buero Vallejo, que era el único amigo que tenía Fernando en Madrid. Cuando veníamos a la capital de España, siempre nos quedábamos en su casa, eran nuestros mejores amigos. Al contarle la fatídica noticia a Antonio por teléfono, pidió una hora para pensar qué era lo mejor que se podía hacer. A la hora volví a llamar, y se puso Victoria, quien me transmitió la respuesta que había estado meditando su esposo. Buero Vallejo había sacado la conclusión -y así ella me lo contó- que a la obra y a la persona de Fernando Arrabal le vendría bien pasar una temporada en la cárcel; de esa forma no tendría más remedio que madurar. Y me colgaron el teléfono. ¿Es eso meter la pata, o lo es hablar de pajas?”.

Me quedé impactado con la rotundidad y firmeza de sus palabras. No conocía esta dureza en Lise, y tengo que decir que no se ha vuelto a repetir jamás. La había tratado poco hasta entonces, pero desde ese momento supe que era una mujer de una pieza, insobornable. No creo que ella hubiera contado el episodio muchas veces, y menos aún en España. No sé si lo hizo porque sabía que en esas fechas yo era un crítico influyente de la prensa nacional, o porque no pudo aguantar más, silenciando lo ocurrido. Me inclino a pensar que debía inspirarle la suficiente confianza como para revelarme tan terrible secreto familiar.

Sabido es que Buero Vallejo compartió prisión con Miguel Hernández (a quien retrató en un famoso dibujo a pluma, quizás el retrato más emblemático del poeta de Orihuela) mientras esperaba su ejecución. Buero estuvo condenado a muerte mucho tiempo, aunque al final la pena se le conmutó. El futuro dramaturgo quedó marcado para siempre por aquella experiencia límite. ¿Pensaría Buero que la profundidad y el dolor que emanan de los personajes de su teatro eran un fruto tardío de aquel dolor? ¿Desearía lo mejor para la obra dramática de su amigo, si experimentaba la catarsis del preso para abandonar de una vez por todas su caprichosa y libertaria visión de la vida y la literatura? Sólo Dios sabe si fue sólo cobardía, o si pensaba realmente Buero que era lo mejor que podía sucederle a Arrabal.


Confesarse con un periodista es darle tres cuartos al pregonero. Me sentía poseedor de un tesoro, una suerte de exclusiva de los alientos fétidos que supuran el arte y los artistas cuando se ven dominados por la política. Incorporé como pude en una entrevista que ya le había hecho a Arrabal en su casa de París la información sobre Buero que me había suministrado Lise.


Pocos meses antes de que apareciera el nuevo número de mi querida revista Teatra (mi hija, mi niña, pues yo era mucho más que su director) visité a mi madre en Andalucía, que ya era bastante mayor, aunque seguía conservando toda su lucidez. No ha habido proyecto creativo en mi vida que no haya necesitado el visto bueno materno antes de su resolución. Mi madre era mi primera admiradora y mi crítico más feroz. Desde que siendo niño me animara a hacer mosaicos romanos con granos de arroz, teñidos por ella en la cocina, hasta este último número de Teatra, del que exigí su supervisión (pues había llevado conmigo la pequeña y deliciosa maqueta, de la que habría de ser posteriormente una celebrada publicación). Cuando mi madre estuvo al tanto del episodio de Buero y Arrabal, se plantó y me dijo:

“Publicar eso después de que haya muerto Buero Vallejo va a ser fatal para todos vosotros, por mucho que sea verdad. Si se hubiese dicho por escrito mientras él estaba vivo, para que pudiera defenderse, hubiese sido harina de otro costal. No deberías sacarlo en tu revista, porque va a producir el efecto contrario al que pretendes lograr. Los mezquinos siempre seréis vosotros, por muy mal que se hubiera portado en vida, el muerto con su hasta entonces, amigo. No lo debes publicar”.


Daba yo tanto crédito a mi madre como al Oráculo de Delfos le otorgaban los griegos, de tal forma que a mi regreso a Madrid lo primero que hice fue llamar a Arrabal (quien había sido previamente informado de la incorporación del episodio de Buero a nuestra entrevista), y manifestarle las inquietudes que había provocado el conocimiento del citado episodio en mi claustro materno. Arrabal meditó la cuestión, pero no se tomó una hora para contestar. Al final, pronunció proverbialmente: “Confiemos plenamente en la sabiduría de su madre, que demuestra ser una mujer muy cabal”. Y el triste episodio bueresco volvió a volar de las fotomecánicas de las imprentas, y de él hasta ahora no se había vuelto a hablar.


Mi conciencia profesional no ha estado nunca del todo tranquila, pues esta pequeña fábula de dos dramaturgos en prisión era como un pájaro vivo que tenía en la mano desde hacía muchos años, y que siempre había querido volar. Creo que forma parte de la historia del teatro español, y que había que contarla en alguna ocasión. He resuelto que en este texto en torno a los amores y fobias que me provoca mi estrecha relación con el dramaturgo Arrabal era el lugar idóneo para echarlo a volar. La lechuza a la que Lise pisa la cabeza en sus sueños me ha dado fuerzas para poderlo liberar.

4. El tercer yerno de Arrabal



Mi madre soñaba llevarme del brazo por Nôtre Dame de París el día que me fuera a casar con la hija de Arrabal. Aunque lo que más ilusión le hacía era salir ella del brazo de su ilustre consuegro de aquella catedral. No sé si han oído hablar de Lelia, la hija de Lise Moreau y Fernando Arrabal. Es una bella mujer, muy, muy especial. Estuvo casada en dos ocasiones, la segunda con un rockero de Nueva York. La conocí en Washington Square una tarde de un 8 de agosto, donde habíamos decidido encontrarnos el maestro y yo, para celebrar juntos mi cumpleaños. (Arrabal los cumple tres días después. Como buenos Leo, desde el comienzo nos ha resultado fácil simpatizar).

A la sombra de los árboles frondosos de la plaza de Washington, jugando al ajedrez con los manhattanitas veraniegos, encontré a Arrabal. Estaba terminando una partida con un desconocido en una mesa de lata, con el tablero de cuadros blancos y negros tatuados sobre el metal. En uno de los bancos cercanos estaba aquella rubia (o pelirroja) de sensuales labios, y ojos clarísimos azul cielo, como los de Arrabal. Vestida, peinada y maquillada con sofisticación, la preciosa vástaga de Arrabal abrazaba un muñequito de R2d2, de La guerra de las galaxias. Cuando su padre nos la presentó, Lelia me ofreció el entrañable robot de Georges Lucas, pues era el regalo de cumpleaños que había elegido ella misma para mí antes de conocerme. Al tiempo que me lo daba, me pidió que apretara la barriguita del muñeco, y entonces sonó el famoso silbido característico, piriviriví-turí, con el que respondía el robot en el filme galáctico primordial. Nunca me he desprendido de ese juguete. Lelia y yo conectamos fácilmente por una recíproca curiosidad. Yo veía a su padre hecho muchacha dentro de sus pupilas transparentes. A ella, quizás fuera mi altura lo que más le pudo atraer, o ciertas largas patillas que en aquellas fechas yo me dejaba crecer. En mi cena de cumpleaños en un restaurante japonés del Village comenzó a resultarme más excitante imaginarme como yerno de Arrabal que como uno de sus discípulos favoritos.

Arrabal y yo nos habíamos conocido en 1993. Vino enfermo desde París hasta el Hotel Ritz para presentar con nosotros, en iniciática performance astrolabial, el número décimo de nuestra Teatra en el observatorio astronómico del parque del Retiro de Madrid, junto al péndulo de Foucault. Tenía entonces Fando el pelo más negro, como un deshollinador feliz, que atrapaba cucarachas como criaturas de amor. Nunca había oído una declaración mayor de afecto y admiración por unos insectos que salen por las letrinas como la que le profesó Arrabal a las cucarachas en aquella presentación.


Años más tarde nos embarcamos en un buque pirata en el Sena para presentar de su mano nuestra revista en París, en medio de un diluvio francés otoñal. A la vuelta de otros años, nos reunimos de nuevo en El Retiro de Madrid para convertirlo en un jardín japonés, donde floreció la orquídea triste y radiante de nuestra Teatra oriental.


He vivido y viajado mucho con Arrabal. París, Nueva York, Ávila, Cuenca, Burgos, Madrid, El Escorial… y si no me he desplazado con él a Rusia, Las Vegas, Israel, Argentina o Brasil ha sido porque me peleé con los viajes tras sufrir el ataque de mi enfermedad. He discutido para siempre con los aviones, y por otra parte mi adicción terapéutica a la rutina me hace apartar los viajes de mis planes de evasión de la realidad. Sin embargo tengo que decir que nunca me he aburrido con Arrabal. Haya sido donde fuere, allí sonaba la maraca de su genialidad para llamar nuestra atención y provocar nuestra felicidad. Filias y fobias del gran ceremonial Con motivo del estreno en España de El jardín de las delicias, volví a reunirme hace pocos días con el querido maestro en nuestra ciudad. Agridulces encuentros repletos de celos por exceso de complicidad. Sufrí el desdén de mi madre en sus últimos tiempos, cosas de la ancianidad. Volví a sufrir la misma experiencia en mis carnes con mi segunda madre artística, Adela Escartín, quien pocos meses antes de morir se despedía de mí a zarpazos, poniéndome contra las cuerdas de mi salud y mi integridad. “Me da igual lo que digan tus médicos, me da igual tu salud, ¿no te das cuenta que eres lo único que me queda a lo que poderme agarrar?”, tuve que oír de aquellos labios de leona herida, que -impedida de piernas- reptaba por su cama de hospital sin dejar de mirarme, como si me quisiera hipnotizar. Me vi forzado a huir indignamente de aquella tarántula que amenazaba llevarme a mí por delante, antes de su claudicación final. La cercanía de la muerte debe volvernos ácido sulfúrico para los demás. No estoy dispuesto a pasar por el mismo trance con Arrabal.

Amo a Arrabal como una meca literaria vital que he tenido el privilegio de alcanzar. Estando a su vera, compartiendo tan altos momentos, me he sentido ajustado a la medida de mis sueños. Yo, que nací para el teatro entre jóvenes compañeros tocados por el talento natural de la dramaturgia, me vi remontado con Fando hasta las cotas siderales donde yo soñaba que podría con los míos llegar. Largo, bello y reluciente panorama del arte, que desde lo alto de las copas de la ajena inmortalidad puede contemplarse con una paz primigenia.


Odio al Arrabal público que desdeña a sus seres más próximos para trabajar por la gloria y la sombra de Fernando Arrabal. En su esfera sólo existe una fuerza primordial, la corriente fandística te arrastra y te lleva por pérfidos rápidos en los que resulta fácil naufragar. El dios que habita en mí como escritor, para poder sobrevivir tiene que asesinar a este Azrael, favorito de Lucifer y Satán.

A Arrabal no le interesa más palabra poética que la que su mente y sus teclas puedan alumbrar. Ignora o desdeña el trabajo ajeno como sólo lo hacen los genios. No se puede contaminar. Lo suyo es soñar y cantar. Ser su amigo es difícil por encima de la misma amistad.

Ser conocido y adulado en todo el planeta debe ser complicado de encajar con normalidad. Competir como viejo con el prestigio imparable y polémico del joven Arrabal también debe ser una ardua tarea, que con los años se complica más y más. Aunque vivir sea jugar, no olvidemos que el significado completo de la palabra vida incluye también el luchar.

Cuando se trata mucho con Arrabal se pasa demasiado tiempo a la vera del bufón egregio, del gigantesco enano dramático, y se sufren los cambios de tercio del ánimo de una figura tan veneradamente paternal. No soy Samuel Arrabal, su hijo; ni es su hija, Lelia Arrabal, mi esposa –como quizá podría haberlo sido- convirtiendo a Arrabal en mi suegro; tampoco soy el amante de Lise, su Dulcinea; y ni tan siquiera soy la mascota del perro que no tiene Arrabal. No haber encontrado mi lugar artístico tampoco me da derecho a culpar por ello al patriarca Arrabal.

Pero de lo que sí estoy cierto es que si tanto me he alineado con esta familia excepcional es porque me he sentido identificado con la fuerza artística que reluce de la obra y la figura de Arrabal. De su brazo me he paseado con Yukio Mishima, con Italo Calvino, con Pasolini y Houellebecq entre los vivos. A través de su aliento mistérico he tocado el dedo índice de Samuel Beckett, gracias a la memoria de aleph que conservan el viejo y el niño Arrabal. A su lado no se respira en modo alguno la mediocridad. ¡Qué oxígeno más tonificante para la óptima circulación sanguínea de la creatividad!

¿Por qué odio y por qué amo a Fernando Arrabal? Por eso me enciendo contra la tontería nacional, cuando los veo ignorar el talento vivo más grande de nuestro teatro. Arrabal será más cómodo de programar en su propio país cuando haya fallecido. A la católica España le gusta honrar a sus muertos con llantos y excesos de funeral. Nadie ha retratado mejor en su teatro el plañidero negocio de la muerte en España que Valle-Inclán. Largas colas se formarían ante los teatros si falleciera en España Fernando Arrabal. Todos los que no acuden a conocer su obra cuando se le representa se romperían la espalda por asistir a sus exequias, y hacer declaraciones de su profunda admiración y amistad con Arrabal. Medallas de oro para la cabeza podrida del genio. El silencio del patriarca vale más que el verbo de su talento. Hogueras vanidosas por la deseada muerte de Arrabal. Hasta entonces aplazará el teatro español resolver los misterios de su gran ceremonial.

Mientras tanto, su palabra magnética y su delirante verbalidad poética pueden escucharse más allá de los libros y obras completas de Arrabal. El jardín de las delicias canta su verbo luminoso desde un pequeño teatro madrileño y suburbial. Concluyeron los gestos, no queda más que esperar. Agradezcamos a esta entusiasta compañía –Curtidores de Teatro- el esfuerzo y la fe por levantar el templo vivo de la palabra dramática de Arrabal. Acudamos a la Sala Cuarta Pared, como ríos de espectadores, para santificar en vida el teatro de Arrabal.

El cielo y la mierda. La mierda del genio es mejor que cagar.

Madrid, abril 2011 Juan Antonio Vizcaíno es profesor de la Real Escuela Superior de Arte Dramático de Madrid y escritor. En fronterad ha publicado El carnaval que no cesa, Adela Escartín o el arte de la transfiguración y varios de sus cuentos en Huerta del Retiro, el blog de Julio José de Faba.

mardi

ARRABAL en portada de STANDDART

Preguntas (en negrita) de STANDDART [Hugo Izarra] Respuestas (en mayúsculas) de Fernando Arrabal abril de 2010 FOTO DE CHRISTELE JACOB Espero que no te moleste que te tutee. EL TUTEO ES UN INVENTO FALAGISTA EN E, NAZI EN D, FASCISTA EN I, ETC [ESCRIBO CON MAYUSCULAS PARA DISTIGUIR LAS PREGUNTAS Y POR NO TENER TILDES NI EGNES COGNO] Mi respeto no entiende de jerarquías. PUESTO QUE LA SOLTERIA ES CADA DIA MAS HEREDITARIA. No hace falta encender la televisión para darse cuenta de que, ahora sí, el mundo ha perdido toda dirección. … Y CESADO DE SER MASOQUISTA: GOZABA DEMASIADO. ¿Crees que esta asfixia intelectual que nos asedia puede provocar pronto una pandemia de tuberculosis espiritual en toda España? ¿DIRIAMOS COSAS INTERESANTES SI DIJERAMOS LO CONTRAIO DE LO QUE PENSAMOS? Así llegaste tú a París, por prescripción facultativa. ¿Se respira mejor ahí o en Francia el agua de las cisternas sigue la misma dirección que en la vieja España? TODAVIA NO HE APRENDIDO QUE LA ELIPSIS EXISTE. ¿Te consideras apátrida o patriota del Destierro? AL CABO DE SEIS DIAS DIOS CREO LA BANDERA Y SE REPOSO. ¿Es París el sitio donde te gustaría morir? ¿Volviste a nacer ahí, como Faustroll, ya crecidito? TIEMPO INCIERTO ESPACIO INDETERMINADO LAS IDEAS SOLO PUEDEN SER AMBIGUAS Por cierto, ¿cómo es posible que después de llevar casi sesenta años viviendo en Francia sigas conservando ese terrible acento español? TODA HERMOSURA ¿DUERME? Tu acento no es ni siquiera africano, como te decía Borges. SON TODOS ¿PURO PLEONASMO? ¿Sigues pensando que nunca serás escritor en España? PARADOJA: REFERIRSE CON REALISMO A LA UTOPIA, CON ODIO AL AMOR Y CON GRAVEDAD AL HUMOR ¿… te encasillase en el personaje que te habita? ¿NI SU CIRCUNSTANCIA MOLDEA A LA MANICURA ENMORADA DE LA VENUS DE MILO? Porque me imagino que antes de irte a dormir, cuando te miras en el espejo no ves al mismo Fernando Arrabal que ve el resto del mundo. LOS KAMIKAZES SE PONEN CASCO ANTES DE LA OPERACIÓN SUICIDA ¿Cuánto de Hamlet, cuánto de Quijote y cuánto de Pelelao hay en Arrabal? JARRY ERA MAS ERUDITO QUE SHAK O CERV OBVIAMENTE. PERO IGUALMENTE HOMOSEXUAL ¿Alguna vez te has sentido utilizado? ¿Sientes que de alguna forma se te pudo instrumentalizar en algún momento de tu vida? ESCRIBO CON DOBLE SENTIDO ¿ PARA LLEGAR A MEDIAS? Lo más serio, ¿es reírse de uno mismo? PRESUMIDO COMO EL HALCON QUE INTENTA PASAR DETRÁS DE LA LUNA ¿Y lo más triste? ¿Tomarse en serio? HAY DOMADORES DE LEONES ¿ NINGUNO DE CALAMARES? ¿Cuántas veces por día matas a Dios? MAJEUSTUOSOS PIOJOS ¿MISTICOS DE LA DECADENCIA? ¿Qué tal andas de memoria histórica? PERDI LA ESPERANZA ¿EVITANDO LA ANGUSTIA? Guardar rencor a Franco a estas alturas, ¿es un acto de justicia o una ridiculez? LOS AGUJEROS ¿SE ENCIERRAN EN SUS AGUJEROS? Casualidad o broma del destino que el verdugo de tu padre –primero de su vida, más tarde de su libertad– se apellidase igual que el triste émulo de tu amigo Beigbeder. LA HISTORIA ¿JUEGA A CARA Y CRUZ? La experiencia te ha enseñado a desconfiar de los aduladores por sistema. ¿Digamos que has desarrollado un buen olfato para detectar el fariseísmo? EL TERRAQUEO ¿SE NUTRE DE SUS TERRORES? Hablando de fariseos. ¿Alguna vez se te ha dado por contar cuántas personas se dedican a suplantar tu identidad en las mal llamadas redes sociales? LOS CUADROS ¿SE ENCARCELAN EN LOS MUSEOS? ¿Qué vida miserable puede tener un individuo que finge ser quien no es para tener amigos, para ganarse un respeto y un afecto que no le corresponden? ¿SE PUEDE EXTAER JAMON DE LAS BELLOTAS SIN PASAR POR EL CERDO? ¿Crees que, muy en el fondo, en España sí se te toma un poco en serio? HAY QUIEN CORRE DETRÁS DEL ARTE : APUESTO POR EL ARTE Hablando de redes y cables…. ¿SE VENDERAN PRESERVATIVOS CON SU CERTIFICADO DE ANTECENDENTES PENALES? La gente hace las preguntas más peregrinas. PERO LA BARBA NO LES CRECE NI A LOS CUCHILLOS NI A LOS TABURETES. ¿No has pensado en reabrirte la cuenta de Twitter? SOLO SE ESCRIBIR AL FILO DE LA NAVAJA - ¿Qué te produce más vergüenza en esta vida? APUGNALAR CON LA LLAMA DE UNA VELA ¿Y qué te inspira compasión? LOS HOMBRES DE LETRAS MUERTAS Siempre que te preguntan por la fama, respondes con ironía que no eres famoso. En tiempos en que la fama y la celebridad popular se han convertido en la única divisa, ¿es el reconocimiento de tus iguales la única y verdadera recompensa moral? ¿SOLO SEDUCE EL AMOR PROPIO? «Soy una instalación de mi circunstancia». Es una frase que atesoro desde que la leí. Suena a la víspera del epitafio. ¿O SOY UN CHIVO EXPIATRIO NONATO DE PATA NEGRA? ¿Tus sueños son cuadros? EL AZAR DE LOS SUEGNOS ES DE UN DETERMINISMO TAN DESCONCERTANTE ¿Y tus pesadillas? ¿Son en color o en blanco y negro? ¿SON AUTOHAGIOGRAFIAS DE MI PROPIA DENIGRACION? Aparte del cine pánico y patafísico, ¿frecuentas otros cines? COMO INMERECIDADMENTE ME NOMBRAN “CINEASTA DE CULTO” YA PODRIA FILMAR PESIMAMENTE Hacer de lo incomprensible un arte… LA CONFUSION ACTUA IMPACABLEMENTE COMO SI LO HICIERA APOSTA ¿Crees que la sociedad española conseguirá superar algún día el espectáculo de la llegada del Mileniarismo? ¿LOS PIGMEOS BEBEN EN DEDALES? En cierto modo, todavía sigues representando a la minoría silenciosa… NI REMOTAMENTE OCUPAMOS EL SITIO PARA EL QUE NACIMOS ¿Te aburre que siempre te hagamos las mismas preguntas? ME ENCANTARIAN QUE VINIERAN CON CHURROS DE FELPA ¿Y qué me dices del tono académico con que intentan abordarte tus entrevistadores? ¿No te hace gracia también? ¿FILOSOFAR ES DIURETICO? ¿Qué harás con ese poquito de celebridad que te brindará esta entrevista? ¿Una merienda patafísica? CUANDO NO PIENSIO EN LO QUE DIGO, DIGO LO QUE PIENSO… COMO TODOS ¿Lo he conseguido? ¿Ha sido esta la peor entrevista que te han hecho jamás? YA EVA PREFIRIO ADAN AL EDEN

dimanche

El jardin de las delicias de F.Arrabal. Madrid














(Arrabal en Madrid , fotos Lis)



“El Jardín de las Delicias”, de Fernando Arrabal

Dirección: Rosario Ruiz Rodgers,

Intérpretes: Ángeles Jiménez, Arturo Bernal, Mercé Rovira, Carlos Domingo.

Abril de 2011.

Sala Cuarta Pared. Madrid.


El País, « … una narración alegórica acerca de la transformación espiritual del individuo impulsada por el deseo… »

Europa Press, “… escrita en 1967 por F.Arrabal mientras se encontraba preso en una cárcel española… »

La Razón, “…una reflexión corrosiva sobre la libertad…”

El Cultural , «… encapsula en imágenes pensamientos muy profundos… »

ABC , “…texto contundente y arrolladoramente poético…”

El Periódico, El mundo, http://criticateatralpractica.blogspot.com/ de Juan Antonio Vizcaíno, ADN, La información, noticias yahooo, … 24 artículos relacionados...

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Ignatius, “Deliciosa pulsión vital”:

“…la obra transmite fuerza y contemporaneidad... trasciende a las generaciones… consagrado Arrabal, pues todo lo que toca lo convierte en oro… es conocido por su fehaciente oposición al franquismo… por fundar en 1963, junto a Jodorowsky el grupo Pánico… que atenta contra la imperante razón… Fernando Arrabal... uno de los dramaturgos vivos más notorios… una dimensión mítica y poética … Arrabal nos habla de la búsqueda de la libertad y el amor… en clave pseudoonírica y con saltos en el tiempo, a modo de tríptico, como el del Bosco… este mundo recreado tan original… original precisamente porque no se parece a nada… elementos absurdos pero también realistas… una historia deconstruida pero al mismo tiempo bien cerrada dramatúrgicamente… ningún elemento es gratuito…asistimos a la liberación de todas las ataduras e imposturas sociales… el final de la pieza es esperanzador: el individuo puede, si quiere y le ayudan, escapar a sus fantasmas, escapar a una suerte de pureza impostada (representada por los corderitos) para acceder a la pulsión irracional como es el amor libidinoso, desprovisto ya de ideales impostados relacionados con cuentos de hadas, con el amor cortés, etc. … esta historia de liberación simbólica se apoya en un montaje basado en las proyecciones del cuadro del Jardín de las Delicias, entre otras que marcan el viaje al pasado y al futuro de Lais… se apoya, a su vez, en una escenografía sencilla pero al mismo tiempo evocadora, con elementos muy sofisticados como son el carrito de bebé gigante donde asoman la cabeza unos diez corderitos de cartón que balan de vez en cuando, un huevo gigante, unas palmeras y un arco, que simulan ese jardín oculto tras la persona como construcción psicológica, una jaula, donde estará encerrado el hombre-mono, que representa el sometimiento de la libido y un teléfono que es el contacto de Lais con el exterior... la directora, Rosario Ruiz, nos da una lección de maestría al llevar una puesta en escena limpia y sencilla, a la par que inquietante… la directora se pone al servicio del texto contando con un equipo actoral de primer grado. Ángeles Jiménez interpreta una Lais en su justa medida: consigue darle verdad a su personaje… todos los actores están en una misma línea estética, trabajando por sacar adelante un proyecto en común… el público de la Cuarta Pared acudió al estreno con gran entusiasmo y de la misma manera aplaudió al elenco, incluyendo al dramaturgo, que salió a saludar emocionado…. público que a la salida del espectáculo hacía fotos entusiasmado al genio de Arrabal…”

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"...enfrentarse a un texto como El jardín de las delicias del dramaturgo Fernando Arrabal no es fácil... texto, escrito en 1967 y cargado de actualidad, es ágil y lleno de sugerentes imágenes poéticas que nos sumergen en el mundo personal del autor...absurdo y surrealismo se funden para crear una obra... donde se tratan temas como la libertad y la educación... partiendo de presupuestos... : despersonalizar los elementos vivos y animar los elementos despersonalizados... el potente lirismo de la obra... en la segunda el texto se vuelve más complejo y dinámico...un mundo tan subjetivo, complejo y misterioso como el los sueños...el espacio único, compuesto por un panorama fuertemente atmosférico, se divide en tres partes para dar lugar a un bosque, un internado y la casa palacio de la actriz protagonista encarnada por la siempre interesante Angels Jiménez... diferentes elementos como un carretón lleno de ovejas, un gran cuchillo, una jaula o un huevo gigante ayudan a recrear el mundo onírico de Arrabal...un texto no naturalista... la potencia y la riqueza del texto... la controvertida figura del melillense Fernando Arrabal, dramaturgo heterodoxo, creador de mundos propios y significados múltiples..."

Irene Ochoa

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El Jardín de las Delicias Carlos Domingo es Teloc, mientras le enseña a Lais (Ángels Jiménez) la escalera de subida y bajada, en su pecho. Foto: Julio Castro. Materialización del alma a cargo de Rosario Ruiz Rodgers en un texto cargado de actualidad Julio Castro – la República Cultural: En ciertos casos, mirar atrás es vivir en la más efervescente actualidad, especialmente cuando hablamos de un autor de calidad, con una puesta en escena bien hecha. Este es el caso del Fernando Arrabal que ahora nos traen Proyecto Bufo y Curtidores Teatro, en una coproducción que dirige Rosario Ruiz Rodgers, y que presentara hace unos días el propio autor (Arrabal vuelve a Madrid para presentar su Jardín de las Delicias) Salir de escena y pensar que has transitado por un sueño es todo uno, porque el absurdo de la noche se mezcla con la realidad vivencial en una secuencia de símiles, donde el tríptico pictórico de El Bosco justifica el núcleo de desarrollo que nos envuelve desde el escenario. El trabajo desprende un sentido a cercanía con el autor, de manera que su presencia en el juego del rechazo a la existencia de un dios, y el juego de crear una imagen terrenal que justifique esa negación se convierten en un puro divertimento que parece querer diseñar un jardín del Edén en cada vida, en cada historia de pequeño grupo. Por eso Lais procede de la nada, de unos padres desconocidos a los que en el fondo idolatra e idealiza, pero vive la infancia torturada por el orfanato de monjas que la enseñan a adorar los bienes materiales, a los que las niñas rezan cada día y cada noche hasta asumir su verdadera deidad. Sin embargo, nuestra protagonista, encarnada por una magnífica Ángels Jiménez, es rebelde a toda imposición, por lo que cada día escapa a un jardín anexo al orfanato, que será su propio Jardín del las Delicias, donde sólo ella encuentra a ese Teloc, que será el híbrido entre la esencia de el varón cuyo significado desconoce, un amo que también le concede pequeños deseos, un dios al que idolatra porque todo lo que le cuenta y le enseña es nuevo y diferente. Y es Teloc un ser capaz de asegurarle el éxito y de transportar su mente al futuro o al pasado, aunque ella, el pasado no lo quiere conocer, porque dice que está lleno de guerras. Pensemos en una obra escrita en la cárcel durante la dictadura fascista española, encerrado por el hecho de haber expresado su opinión sobre dios, pero también es el fruto del niño que ve cómo condenan a su padre a muerte, para luego desaparecer de un hospital psiquiátrico. Así, no es extraño encontrar referencias a sus firmes convicciones, así como las del pasado que contribuyen a su exilio de vida en Francia, donde se considera en el lugar apropiado. Pero lo interesante de la obra no es tanto buscar los orígenes personales, sino las influencias en lo colectivo, como un trabajo que en su profundidad puede abarcar a cualquier público medianamente crítico. No es un trabajo para la carcajada, es para la sonrisa inteligente, para la comprensión del ser humano con una parodia del cristo que todos intentan convertir en mujer, desde la Miharca, compañera de escuela que interpreta Mercé Rovira, hasta Zenón, el varón enjaulado que hasta el final no conseguirá domar, y que interpreta Arturo Bernal, pasando por el Teloc de Carlos Domingo que será el dios que permitirá la creación de la divinidad en la hija. Abundan los simbolismos de este jardín de los deseos, o de los recuerdos, más que de las delicias, donde el placer es un instante que se convierte en recuerdo idealizado que alcanza a las hijas borregas, que adoran a la madre Lais sin razón, aunque les brinda aquello que no piden ni desean a cambio de si amor incondicional, mientras son el objeto de los celos de ese amor carnal de Zenón. Todo es un juego rodeado de los conceptos y preceptos erróneos que constituyen esta religión católica, pero que podría ser cualquier otra si se planteara de otra forma. El símil de la virginidad del alma, más que la del cuerpo, representada en ese frasco de mermelada en que Lais la encierra de por vida hasta que las manos del varón la transformen en algo más humano, acaba por convertirse en la llave que abrirá la jaula del deseo para transformarlo a su vez en la posibilidad de un futuro más libre. Si el conjunto actoral es bueno, destaca la protagonista, Ángels Jiménez, que sabe tomar el peso de su papel para convertirlo en una levedad atormentada sin trasladar al público su pesar, sino para convertirlo en un mundo mágico en el que con el resto del elenco asume sufrir esa situación, por el mero hecho de evidenciar la absurda historia de la humanidad. Una inteligentemente ideada escenografía completa el conjunto, y aunque hay algunos problemas puntuales de visibilidad en los extremos laterales delanteros, merece la pena, porque divide en tres espacios diferentes correspondientes a tres momentos, tres espacios y tres situaciones en la vida. Esto facilita la agilidad de la obra, sin necesidad de realizar más cambios que la ubicación y la iluminación, siendo esta última la que marca la diferencia entre el presente y los recuerdos. Mientras transcurren determinados sucesos, de cambio de tiempo, unos interesantes montajes de video son proyectados a todo el fondo de escenario. Al igual que ocurre con el texto de los personajes, todo discurre a gran velocidad, por lo que más que el detalle, es interesante captar el conjunto, que es el que nos dará el resultado final del trabajo. Obviamente ha habido una labor de actualización de la obra, pero sin una necesidad de poner énfasis excesivo en ello, ya que de por sí, el tema sigue siendo muy exportable en el tiempo.

mercredi

Hoy tercera y ùltima jornada Arrabal...¿se puede reir de todo?... Teatro Rond-Point de Paris


Aujourd'hui troisième et dernier jour...Arrabal... Th du Rond-Point... peut-on rire de tout? (collage de Jordi Soler)

Théâtrothèque n°1 : Fernando Arrabal Trois jours de discussions ouvertes autour de la ’Pataphysique, du mouvement surréaliste, du mouvement Panique [Jodorowsky-Topor-Arrabal] du Théâtre d’art et d’essai et de la liberté à la télévision en présence tous les jours de Fernando Arrabal, de quelques personnalités dont Jean-Michel Ribes, de Paris’ Click , de Thieri Foulc (RHSM), et d’autres gens très bien.


Sélection de programmes INA établie par Pierre Notte et Dominique Thiercelin.


à partir de 17h Théâtre du Rond-Point Paris Entrée libre sur réservation.


[Comment rendre compte de la dimension créatrice de Fernando Arrabal [www.arrabal.org], auteur d’une centaine de pièces de théâtre, d’une dizaine de romans et de nombreux essais, poète et réalisateur de sept long-métrages? … pour la première fois des documents jamais diffusés à l’antenne et conservés dans les archives de l’INA… "


« Un théâtre fou, brutal, clinquant, joyeusement provocateur. Un potlatch dramaturgique où la carcasse de nos sociétés « avancées » se trouve carbonisée sur la rampe festive d'une révolution permanente. Il hérite de la lucidité d'un Kafka et de l'humour d'un Jarry ; il s'apparente, dans sa violence, à Sade ou à Artaud. Mais il est sans doute le seul à avoir poussé la dérision aussi loin. Profondément politique et joyeusement ludique, révoltée et bohème, elle est le syndrome de notre siècle de barbelés et de goulags : une façon de se maintenir en sursis. » Dictionnaire des littératures, éd. Bordas.


« L'unique survivant des trois avatars de la modernité » : Mel Gussow, N.Y. Times.]


Mercredi 6 avril 17h Présentation de la Théâtrothèque Lecture par Albert Delpy d’un extrait de « Le ciel et la merde » de Arrabal. Surprisedu groupe Paris’ Click ***


La Tour de Babel à l’Odéon prod. Ina (Fr3) / 1979 / durée : 2min30 Au Théâtre National de l’Odéon se joue la pièce de Fernando Arrabal La Tour de Babel, interprétée pour la première fois par les acteurs de la Comédie Française. Jorge Lavelli, le metteur en scène, pénétré du réalisme fantastique, définit la pièce comme une fable et le théâtre comme un art de l’instant. ***


Aujourd’hui la vie : Peut-on rire de tout ? réal. André Veyret / production Ina (A2) / 1983 / durée : 2min30 Les humoristes ont-ils le droit de se moquer de tout et même de la religion ? Au milieu de la polémique soulevée par le thème de l’émission, Fernando Arrabal prêche pour la tolérance, après diffusion d’un extrait de son téléfilm le Cimetière des voitures. ***


Arrabal TF1 / 1985 / durée : 1 min 30 Interview en plateau de Fernando Arrabal à propos de sa pièce L’Homme au chapeau de porcelaine, parodie de dictature, dont un extrait est présenté. 18h ***


Lecture d’un extrait de « L’Adieu aux dinosaures » par Cosima Schmetterling Travaux scientifiques.


Déploiement quantique par le T.S. Arrabal, le R.H.S.M. (Thieri Foulc), et les membres du Collège de ’Pataphysique de l’existence de Dieu, du Diable, des autres et du voyage dans le Temps. vers 20h

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Colophon :« Adieu Babylone » réal. Fernando Arrabal / A2 / 1993/ 55 minutes Poème cinématographique, tourné à New York, avec notamment comme interprète Spike Lee… film étrange et beau, une invitation à la balade rimbaldienne.

samedi

MANIFESTACION ARRABAL: 3 DIAS ... Teatro Rond-Point. Paris


















HOLA!... amigos de ARRABAL... aqui el programa detallado de la MANIFESTACION! Leerlo por favor... Gracias! … CHRISTOPHE SALENGRO, PRÉSIDENTE DE GROLAND [canal+], abrirà el (ARRA)BAILE CON JEAN-MICHEL RIBES director del teatro Rond-Point...: Pierre Notte, dramaturgo. [Collage de Jordi Soler]





Théâtrothèque n°1:Fernando Arrabal

Trois jours de discussions ouvertes autour de la ’Pataphysique, du mouvement surréaliste, du mouvement Panique [Jodorowsky-Topor-Arrabal] du Théâtre d’art et d’essai et de la liberté à la télévision en présence tous les jours de Fernando Arrabal, de quelques personnalités dont Jean-Michel Ribes, de Chrisophe Salengro , danseur et président de GROLAND , du groupe Paris’ Click (Ophélia Grimm et Jérémy Lecoq), de Jean-Pierre Mirouze, de quelques Pataphysiciens dont Thieri Foulc (RHSM), et d’autres gens très bien.


Sélection de programmes INA établie par Pierre Notte et Dominique Thiercelin


4 - 5 - 6 avril 2011, à partir de 17h / Théâtre du Rond-Point Paris Entrée libre sur réservation.



[Comment rendre compte de la dimension créatrice de Fernando Arrabal [www.arrabal.org], auteur d’une centaine de pièces de théâtre, d’une dizaine de romans et de nombreux essais, poète et réalisateur de sept long-métrages?… pour la première fois des documents jamais diffusés à l’antenne et conservés dans les archives de l’INA… " « Un théâtre fou, brutal, clinquant, joyeusement provocateur. Un potlatch dramaturgique où la carcasse de nos sociétés « avancées » se trouve carbonisée sur la rampe festive d'une révolution permanente. Il hérite de la lucidité d'un Kafka et de l'humour d'un Jarry ; il s'apparente, dans sa violence, à Sade ou à Artaud. Mais il est sans doute le seul à avoir poussé la dérision aussi loin. Profondément politique et joyeusement ludique, révoltée et bohème, elle est le syndrome de notre siècle de barbelés et de goulags : une façon de se maintenir en sursis. » Dictionnaire des littératures, éd. Bordas.


« L'unique survivant des trois avatars de la modernité » : Mel Gussow, N.Y. Times.]


lundi 4 avril 17h


Présentation de la Théâtrothèque, par Jean-Michel Ribes, Pierre Notte, Thieri Foulc, en présence de Fernando Arrabal. AVEC LA PARTICIPATION DE CHRISTOPHE SALENGRO PRESIDENT DE GROLAND


Happening réal. Jean Paul Mirouze / 1965 / durée : 36 min Cette nouvelle forme dramatique née de "l'éphémère panique" est un spectacle total où se mêlent tous les genres, bouleversant les conventions traditionnelles. Tout peut arriver. La télévision est à la pointe de l’innovation en filmant ce happening d’Arrabal et d’autres participants, mais cet événement panique ne passera pas à l’antenne. 18h, Rencontre autour de « Happening » : La liberté sur les plateaux (théâtre, télévision, cinéma) est-elle périmée ? Avec Jean-Paul Mirouze, Jean-Michel Ribes, Arrabal. Les Expositions : Hommage à André Breton production Ina (Ortf) / 1966 / durée : 10 min Une interview de Marcel Duchamp qui raconte ses souvenirs autour d’André Breton et du surréalisme dont Fernando Arrabal a été l'un des membres. Le Théâtre d’Arrabal, menues pièces à la carte : Les Actualités Françaises prod. Ina (AF) / 1967 / durée : 2min30 L’un des premiers portraits de Fernando Arrabal, alors en France depuis 10 ans, à travers ses différentes pièces jouées ici et là. Italiques / Roland Topor réal. Roger Boussinot / prod. Ina (ORTF) / 1974 / durée : 2 min Dans cette émission littéraire consacrée à Roland Topor, co-fondateur du mouvement Panique, Fernando Arrabal parle de leur rencontre et leur parcours panique et surréaliste commun. Pour le plaisir : Lyres et Délires du chaste Arrabal réal. Francis Warin / prod. Ina (Ortf) 1967 / durée : 19 min Le théâtre de Fernando Arrabal est un théâtre fantasque, à part. C’est ainsi qu’il est présenté dans cette émission avec notamment des interviews d’artistes, dont Jérôme Savary, César, pratiquant la même philosophie artistique. 20h Lecture d’un extrait du « Château des quechuas » d’Arrabal par Milie von Bariter présentation du Collège de ’Pataphysique, son organisation, son histoire, ses influences, ses activités, et ses recherches « savantes et inutiles ». Par Thieri Foulc, Arrabal… Le Lapin de Noël : Dim Dam Dom réal. Jean-Pierre Bastid /production Ina (Ortf) / 1967 / durée : 25 min Écrit par Roland Topor, interprété entre autres par Jean Rochefort, Serge Gainsbourg, Françoise Hardy, Régine, Fernando Arrabal. C’est un conte de Noël fantastique comme seule cette émission phare de l’époque pouvait en présenter.



mardi 5 avril 17h


Présentation de la Théâtrothèque et du Collège de ’Pataphysique, en particulier de l’Ordre de la Grande Gidouille (Jarry, Vian, Ionesco, Arrabal, Azerthiope, Olivier O. Olivier )… Avec des surprises chantées du groupe « Paris’ Click », Ophélia Grimm et Jérémy Lecoq, dont « Le nombril », d’après un texte d’Arrabal. Le Lapin de Noël : Dim Dam Dom réal. Jean-Pierre Bastid /production Ina (Ortf) / 1967 / durée : 25 min Écrit par Roland Topor, interprété entre autres par Jean Rochefort, Serge Gainsbourg, Françoise Hardy, Régine, Fernando Arrabal, diffusé dans Dim Dam Dom. C’est un conte de Noël fantastique comme seule cette émission phare de l’époque pouvait en présenter. 18h30 cours de danse de Christophe Salengro à Arrabal Midi Magazine : Le Jardin des délices au Théâtre Antoine prod. Ina (ORTF) / 1969 / durée : 4 min Claude Régy, présente la pièce d’Arrabal « Le jardin des délices » qui est aussi le titre d’un tableau de Jérôme Bosch. A cette occasion le metteur en scène définit l’auteur comme une personne sincère, dotée d’une imagination folle. 19h Lecture de « Pique-nique en campagne » d’Arrabal, par Brice Hillairet, Chloé Olivères et Pierre Notte. T comme Théâtre : Arrabal non diffusé / 1974 / durée : 13 minutes Longue interview de Fernando Arrabal consacrée à sa vie, son oeuvre, qui ne fut jamais diffusée à la télévision. En effet, l’artiste n’a pas accepté les coupes faites au montage, qui selon lui dénaturaient ses propos. 19h30 L’Odre de la Grande Gidouille : le rôle d’Alfred Jarry, de Raymond Queneau, de Boris Vian, d’Eugène Ionesco, d’Arrabal. Avec Thieri Foulc, Olivier O. Olivier et Guénolé Azerthiope. Nominations. Présentation du « Cimetière des voitures », rencontre avec Arrabal autour du film, du tournage, des acteurs, et de la réception du film. Le Cimetière des voitures réal. Fernando Arrabal / A2 / 1983 / durée : 1h26 Quand la télévision donne toute sa place à une étonnante création. C’est une parabole futuriste et panique qu’a écrite et réalisée Fernando Arrabal, reconstituant l’histoire du Christ transposée dans un monde qui vient de subir un cataclysme nucléaire. Alain Baschung qui en a composé la musique, y interprète aussi le rôle principal. Boris Bergman…



mercredi 6 avril 17h


Présentation de la Théâtrothèque Lecture par Albert Delpy d’un extrait de « Le ciel et la merde » de Arrabal Avec des surprises chantées du groupe Paris’ Click (Ophélia Grimm et Jérémy Lecoq), dont « Le nombril », d’après un texte d’Arrabal. Actualités régionales IDF : La Tour de Babel à l’Odéon prod. Ina (Fr3) / 1979 / durée : 2min30 Au Théâtre National de l’Odéon se joue la pièce de Fernando Arrabal La Tour de Babel, interprétée pour la première fois par les acteurs de la Comédie Française. Jorge Lavelli, le metteur en scène, pénétré du réalisme fantastique, définit la pièce comme une fable et le théâtre comme un art de l’instant. Aujourd’hui la vie : Peut-on rire de tout ? réal. André Veyret / production Ina (A2) / 1983 / durée : 2min30 Les humoristes ont-ils le droit de se moquer de tout et même de la religion ? Au milieu de la polémique soulevée par le thème de l’émission, Fernando Arrabal prêche pour la tolérance, après diffusion d’un extrait de son téléfilm le Cimetière des voitures. IT1 Nuit : Expo Arrabal TF1 / 1985 / durée : 1 min 30 Interview en plateau de Fernando Arrabal à propos de sa pièce L’Homme au chapeau de porcelaine, parodie de dictature, dont un extrait est présenté. 18h Lecture d’un extrait de « L’Adieu aux dinosaures » par Cosima Schmetterling 18h30 décoration Arrabal GROLAND Christophe Salengro 19h Présentation par Arrabal de « Adieu Babylone » Adieu Babylone réal. Fernando Arrabal / A2 / 1993/ 55 minutes Poème cinématographique, tourné à New York, avec notamment comme interprète Spike Lee… film étrange et beau, une invitation à la balade rimbaldienne. Le Lapin de Noël : Dim Dam Dom réal. Jean-Pierre Bastid /production Ina (Ortf) / 1967 / durée : 25 min Écrit par Roland Topor, interprété entre autres par Jean Rochefort, Serge Gainsbourg, Françoise Hardy, Régine, Fernando Arrabal, diffusé dans Dim Dam Dom. C’est un conte de Noël fantastique comme seule cette émission phare de l’époque pouvait en présenter.


20h30


Colophon :


Travaux scientifiques. Déploiement quantique par le T.S. Arrabal, le R.H.S.M. (Thieri Foulc), et les membres du Collège de ’Pataphysique de l’existence de Dieu, du Diable, des autres et du voyage dans le Temps.


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